Il trionfo del materialismo storico spiegato col furto delle reliquie di San Giovanni Bosco
La triste vicenda legata all'ampolla che contiene il cervello del santo. Finita insieme alle teiere
Che tristezza scoprire l'ampolla col cervello di San Giovanni Bosco occultata fra le teiere di rame. La reliquia era stata sottratta due settimane fa alla Basilica di Colle Don Bosco da uno spiantato di Pinerolo, che poi se l'è tenuta nell'armadio della cucina senza nemmeno dissigillarla. Sembrerebbe un personaggio simile ai due scassatissimi furfanti interpretati da Antonio Albanese e Fabrizio Bentivoglio nel soave “La lingua del Santo” di Carlo Mazzacurati; ma il paragone, fatti alla mano, sarebbe improprio. Il film di Mazzacurati era infatti ispirato al famigerato furto della reliquia del mento di Sant'Antonio dalla Basilica di Padova nel 1991; furto commissionato, si scoprì tempo dopo, da Felice Maniero per ricattare lo Stato onde ottenere la liberazione di un cugino detenuto presso le patrie galere.
Ciò accomunava la storia del boss del Brenta a quella di papa Innocenzo VIII, che nel 1492 comprò dal sultano Bayazid II la punta della lancia che trafisse il costato di Cristo in cambio del trattenimento nelle carceri romane del fratello del turco, inviso a Istanbul (come spiega bene la storica dell'arte Nicoletta De Matthaeis sul sito Reliquiosamente.com). Il cugino di Maniero fu effettivamente scarcerato, poiché un quarto di secolo fa l'Italia aveva ancora un'anima; se invece oggi il rapitore del cervello di Don Bosco avesse tentato di ricattare lo Stato, cos'avrebbe ottenuto in cambio dell'ampolla? Niente, con ogni verosimiglianza. Fatto sta che lo spiantato di Pinerolo non ci ha nemmeno pensato: non gl'importava la reliquia bensì l'urna, sperando di ricavare qualche soldo dal contenitore in metallo prezioso. Segno che in Italia ha trionfato il materialismo storico.