Bandiera bianca
Per vincere Miss Tahiti bisogna essere all'altezza
Stasera la finale del concorso di bellezza. Ormai sembra una corsa a tre, ma il regolamento è molto rigido. Vincerà il senso comune, la “legge” o il sentimento di sé?
Se riuscite a captare la tv polinesiana, stasera tutti a guardare la serata finale di Miss Tahiti: è un evento apparentemente marginale ma il cui risultato ci rivelerà molto di quest'era postmoderna. Delle dieci concorrenti rimaste in gara – dopo il cosiddetto “grand oral” in cui viene chiesto loro di concionare sulla propria personalità e sulla geopolitica internazionale – al momento abbiamo in testa Tehani con uno schiacciante 31% delle preferenze del pubblico da casa, seguita nell'ordine da Tuehu e da Leslie. Chi vincerà? Ve lo dico io: vincerà per forza Tuehu, perché sia Tehani sia Leslie sono ineleggibili in quanto alte un metro e sessantotto. L'altezza minima per aspirare al titolo, regolamento alla mano, è uno e settantadue. Quest'esito almeno vorrebbe la logica, nonché l'applicazione di un criterio determinato (per quanto ottuso) come baluardo dell'oggettività. In alternativa alla vittoria a tavolino di Tuehu, lo spirito del tempo propone però due opzioni. Potrebbe capitare che vinca comunque Tehani, favorita dai pronostici e preferita dal pubblico nonostante che la sua altezza si collochi sotto l'asticella: in tal caso, vorrebbe dire che il senso comune ritiene che il consapevole perseguimento di un sogno impossibile meriti di essere premiato di là dai limiti strutturali, e che lì dove la natura ha posto un limite insormontabile può intervenire l'uomo chiudendo un occhio e dando un contentino col condonarle quattro centimetri. Oppure, a sorpresa, potrebbe capitare che vinca Leslie: non per un cavillo burocratico né per un ribaltone del televoto, ma perché magari – approfittando dell'andazzo solipsista di quest'epoca – davanti alle telecamere dichiarerà in lacrime che è prigioniera del suo corpo ma che, dentro di sé, sente di essere alta almeno un metro e ottanta.
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