Adesso il perdono di Riina è nelle mani di Dio
Nel dibattito sui funerali pubblici del boss mafioso bisogna ricordare che la Chiesa deve essere misericordiosa, certo, ma restando sempre una guida per i fedeli
Il paradosso – diciamo pure lo scandalo – è questo. La Chiesa è un’istituzione divina pertanto deve compiere ogni atto radicandosi nell’incommensurabilità della misericordia di Dio. Dio è un assoluto, verità e amore al sommo grado, di fronte al quale ogni uomo viene sempre trovato mancante a ogni pesatura ma dentro il quale ogni uomo può sperare di trovare perdono. Per questo ogni salma dev’essere benedetta, poiché nonostante le nefandezze di cui un individuo può essersi macchiato in vita non può essere escluso a priori il ravvedimento interiore in punto di morte; significherebbe negare il filo che lega a Dio ciascun uomo, anche il peggiore. La Chiesa è un’istituzione umana pertanto deve compiere ogni atto rivolgendosi agli uomini. Gli uomini sono limitati, facili allo sgomento e alla presunzione, quindi vanno guidati e indirizzati con la parola e con l’esempio. Per questo la salma di un pubblico peccatore non può ricevere funerali pubblici, in quanto disorienterebbe i fedeli contraddicendo con un atto formale, la cerimonia religiosa, un precedente atto formale, la scomunica.
Nel dibattito sulla morte di Totò Riina, tenere presente solo una di queste due posizioni significa sminuire la Chiesa, ridurla a metà di ciò che è. Non si può umanizzare la Chiesa pretendendo che sia spietata nei confronti della salma perché ciò significherebbe relativizzare Dio, esautorandolo. Non si può divinizzare la Chiesa facendole praticare la misericordia assoluta perché ciò la sottrarrebbe al dovere di dare esempio al mondo, sguarnendolo. Si può solo ribadire la scomunica e sperare che qualcosa, dentro i peggiori uomini come dentro i migliori, agisca in modo da guadagnare il perdono di Dio. E pregare, che resta sempre un’ottima idea.