È stato un 2017 di resistenza. Alla mia ex compagnia telefonica
Dovessi trovare un leitmotiv per quest’anno che tramonta dire che è stato segnato dalla costante e capillare apparizione sul mio cellulare di messaggi dell'operatore che avevo abbandonato nel 2016
Ma se proprio dovessi trovare un leitmotiv per quest’anno che tramonta, il 2017 è stato segnato dalla costante e capillare apparizione sul mio cellulare di messaggi della compagnia telefonica che, l’anno precedente, avevo abbandonato per un altro gestore. Con ammirevole meticolosità, ha iniziato a Capodanno con una frasetta il cui tono passivo-aggressivo è solitamente riservato agli ex amanti: “Auguri a te che sei stato nostro cliente”. Di lì è iniziata una sequela di profferte, minacce e lusinghe allo scopo di farmi tornare, prendendomi non so se per sfinimento o compassione. Mi limito agli ultimi tre mesi. Il 26 settembre mi ha proposto melliflua di tornare cliente entro il giorno dopo, in cambio di sette giga; visto però che evidentemente avevo altro da fare, il 6 ottobre ha ribadito la medesima offerta per altre ventiquattr’ore salvo poi, notando che non mi schiodavo, far diventare dieci i giga l’11 ottobre e prorogare la scadenza al 16, lasciando cadere un ulteriore messaggio alla scordata il 14 ottobre, onde ricordarmi che mancavano solo due giorni; io però nemmeno ricordavo a cosa, quindi la mia insensibilità ha strappato un rilancio il 19 ottobre, con scadenza al 24, e un ulteriore tentativo il 27, con scadenza al 31. Macché. Il 7 novembre, per cogliermi di sorpresa, un messaggio mi faceva i complimenti: sarei infatti stato premiato con mille minuti e mille sms se solo mi fossi recato in negozio entro il 15. La mia dura cervice ha causato altri complimenti il 21 novembre, con scadenza fissata al 25, e il primo dicembre, con scadenza al 4. Persistendo sconsideratamente nel mio immobilismo, sono iniziati gli ultimatum: “Solo cinque giorni” il 13 dicembre, “Solo pochi giorni” il 20 dicembre, e adesso mi viene infine notificato un “Ultimo giorno!”, con punto esclamativo apocalittico e ingiunzione imperativa: “Corri subito nei nostri negozi”. Appesantito tuttavia dai bagordi, non riesco a correre da nessuna parte e resto sul divano a meditare: un po’ temo che nel 2018 vengano a cercarmi a casa, un po’ mi sento in colpa per tutta la sofferenza inutile che ho causato a un algoritmo.
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