Ma Salvini ha mai letto il Vangelo?
Il leader della Lega ha giurato di governare rispettando gli insegnamenti che sono contenuti nel testo sacro. Come farà a conciliare la flat tax e il vincolo di mandato con quanto scritto nel Nuovo testamento?
Ci ho messo un paio di giorni a riavermi dalla sorpresa che l’alleanza fra trono e altare, vilipesa e distrutta da giacobini e sanculotti con la rivoluzione francese, fosse stata riportata in auge da quel particolare tipo di giacobino e di sanculotto che è Matteo Salvini. Se il suo intento era dire che intende contrastare la jihad arroccandosi sui valori giudeocristiani, be’, allora ha avuto più senso sventolare il rosario: com’è noto, si tratta di una forma di devozione popolare non del tutto istituita (lo stesso Ratzinger ammetteva di annoiarsi dopo averne pregato tutt’al più una posta) che venne regolamentata da papa Pio V dopo la vittoria sui turchi a Lepanto, a mo’ di ringraziamento per avere fatta salva la civiltà occidentale. Non a caso nella ricorrenza della battaglia, 7 ottobre, si suole celebrare Nostra Signora del Rosario così come Nostra Signora della Vittoria.
Ma il Vangelo? Salvini ha giurato di governare rispettando gli insegnamenti che vi sono contenuti, e io sarei quasi tentato di sperare che vinca per vedere come farà poi a conciliare la flat tax con la storia del sicomoro fatto seccare da Gesù perché non portava fichi mentre non era la stagione dei fichi; o il vincolo di mandato con la storia della mandria di porci che pascolava serena nel paese dei Geraseni fino a che Gesù non vi cacciò dentro una legione di demoni, costringendoli a gettarsi ipso facto da una rupe.
Da un giuramento così coraggioso sorge il sospetto che Salvini non l’abbia letto tutto e bene, il Vangelo. Né sono messi meglio quelli che sono corsi a stracciarsi le vesti per protestare che gli insegnamenti del Vangelo sono del tutto contrari al programma sovranista, quasi si trattasse invece di un prontuario di boldrinismo teologico. In realtà il Vangelo è un testo duro e scabro in cui è scritto che nessuno è buono, in cui si dà dello stolto allo stolto e si minacciano macine al collo e spade al posto della pace. È un libro talmente poco incline all’ipocrisia e al compromesso da implicare che, se qualcuno vuole governare seguendone gli insegnamenti, non solo non deve candidarsi con la Lega. Non deve proprio candidarsi in Italia.