Un frame dello storico spot di Rtl 102.5

Così i "very normal people" di Rtl 102.5 sono diventati dei banalotti qualunque

Antonio Gurrado

L'emittente radio vuole dare un nuovo senso allo storico slogan guardando ai cambiamenti sociali che hanno codificato una nuova normalità

I lampadati, i modaioli, i ritardatari… Una decina di anni fa queste categorie d’italiani sfilavano, ciascuna col proprio striscione, in una vecchia réclame di Rtl 102.5: categorie frivole, innocue, magari banalotte ma che rendevano bene l’idea di very normal people cui si rivolgeva lo slogan della radio. E adesso? Se ho capito bene il comunicato stampa scritto nella consueta lingua stentata delle aziende quando cercano di affrontare temi astratti (“Rtl 102.5 torna in comunicazione per raccontare la forza della normalità… lo storytelling prevede un importante cambio di narrazione… il senso di partecipazione, di realismo e di autenticità dei protagonisti…”); se ho capito bene, dicevo, la radio intende far assumere nuovo senso allo storico slogan guardando a decisivi cambiamenti sociali che hanno codificato una nuova normalità: nonni che usano lo smartphone, padri che scaldano il biberon e passano l’aspirapolvere, donne perfettamente truccate che vanno su Marte, unioni civili, famiglie miste come se ne vedono dai tempi di “Indovina chi viene a cena”. Capirai.

 

 

Ma il vero pregio di questa campagna non sta nel rivelare che per gli ascoltatori di Rtl 102.5 possono essere straordinarie storie che parrebbero proprio consuete, quanto piuttosto nel contrario. Fa emergere un nuovo conformismo nazionale che intende ridurre qualsiasi elemento straordinario, eccezionale o sghembo delle nostre vite a qualcosa di very normal: banale? ritrito? mediocre? 

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