Le lacrime strategiche di quelle razziste di donne bianche
Pur di accusare qualcun altro di razzismo, è consentito ricorrere all’armamentario più bolso delle affermazioni sessiste. L'esempio del Guardian
Le donne si mettono a piangere durante le discussioni perché vogliono sottrarsi al confronto razionale. Prima però di darmi dello stronzo maschilista come sempre, considerate che questa raffinata analisi è stata appena propugnata da una donna, Ruby Hamad, sul quotidiano più progressista dell’universo, il Guardian. Contiene infatti un interessante distinguo in quanto specifica che a comportarsi in maniera isterica sarebbero solo le donne bianche, ogni volta che una donna nera le mette all’angolo accusandole di razzismo o di mentalità colonialista o di appropriazione culturale. La scrittrice nigeriana Luvvie Ajayi la chiama “trita militarizzazione delle lacrime di donne bianche” e la linea di pensiero si sta diffondendo rapidamente nel mondo anglofono. Se ci pensate, il paradosso è sublime: pur di accusare qualcun altro di razzismo, è consentito ricorrere all’armamentario più bolso delle affermazioni sessiste. Si tratta di un tentativo insomma di rivendicare che, siccome la mia causa è più importante della tua, allora la mia correttezza politica ha diritto di essere più scorretta della tua. Resta da chiarire se sia consentito anche il contrario; ovvero se, a titolo di esempio, per screditare un maschilista (ossia combattere il sessismo) gli si possa dare dello sporco negro (ossia praticare il razzismo). Chissà. Di sicuro è una pessima notizia per le femministe: donne che per un secolo hanno combattuto allo scopo di essere trattate alla pari degli uomini adesso rischiano di scoprire di essere il prossimo patriarcato da rovesciare.