Perché la Barbie ingegnera robotica non farà di vostra figlia una scienziata
La Mattel ha lanciato una bambola dotata di laptop e relativo automa, al commendevole scopo d’incentivare nelle ragazze la scelta degli studi scientifici
Da bambino giocavo a calcio coi regoli. Li disponevo cioè su un tavolo rettangolare con quelli arancioni (i 10, i più lunghi) a fungere da porte e uno di quelli bianchi (i piccoli cubi unità di misura) come pallone. Dopo di che schieravo squadre azzurre composte di 9, marroni con gli 8, nere coi 7 e così via; il portiere, ovviamente, era un regolo diverso perché indossava una divisa differente. A un certo punto ero diventato bravissimo, per quanto non avessi metri di paragone essendo l’unico bambino al mondo che utilizzasse i regoli così. Questo spaccato della mia infanzia m’è ritornato in mente apprendendo che la Mattel ha lanciato la Barbie ingegnera robotica, dotata di laptop e relativo automa, al commendevole scopo d’incentivare nelle ragazze la scelta degli studi scientifici. Oppure al meno commendevole scopo di blandire gli adulti (che cacciano i soldi) ignorando come i bambini vedano negli oggetti con cui giocano dati di fatto invisibili a chiunque altro. Si chiama, credo, fantasia.
È per questo che i giocattoli sono ordinati solo finché restano nella confezione; dopo di che i rinoceronti di plastica combattono contro soldatini e Transformers, freesebee e pezzi di puzzle 3D compongono un ottimo servizio da tè, i peluche vengono riconvertiti in clave per abbattere piste automobilistiche, e in molte parti d’Italia il principale utilizzo delle figurine è scoprire chi le lanci più lontano.
La Barbie ingegnera robotica farà la stessa fine, e i suoi accessori dal fashion tecnologico voleranno sotto i divani e moriranno soffocati dai gatti di polvere fino al trasloco. Poi ci sarà una bambina che s’innamorerà di un tupperware e di un portaombrelli, deciderà che sono gli ultimi ritrovati in materia d’informatica e intelligenza artificiale e, dopo averci smanettato fino alla consunzione come se fossero un computer e un robot veri, se ne ricorderà da adulta al momento in cui ritirerà il premio Nobel. Mica come me, che dopo tutti quei giorni passati a giocare coi regoli non sono diventato matematico e nemmeno calciatore.