La storia del gender X a New York puzza di già sentito. E non è un bene
A furia di notizie simili, ogni volta salutate come svolte decisive, lo spazio che l'informazione dedica all'argomento si rimpicciolisce sempre più
Ho notato una cosa; anzi, esageriamo, due. Il consiglio comunale di New York ha approvato la possibilità d'indicare con una X il proprio genere sui documenti qualora non ci si riconosca in alcuno, e lo stesso potranno fare i genitori qualora non ne riconoscano nel proprio neonato, anche senza consulto medico. Appresa la notizia, mi sono domandato: ma non l'avevo già letta da qualche altra parte? Non era già stato stabilito qualcosa di simile in Inghilterra? O era a Malta? O in Inghilterra e a Malta, oltre che da qualche parte in Asia? E in Australia non hanno fatto niente? Boh. Si è creato un riverbero saturato per cui ogni progresso nell'identità di genere puzza di già sentito. E non è un bene perché – seconda cosa che ho notato – per quanto questa notizia ripetuta infinite volte nelle proprie varianti venga a scadenze regolari salutata come svolta decisiva, a furia di svolte lo spazio che l'informazione dedica all'argomento si rimpicciolisce sempre più, poiché il pubblico brama novità e degna questi rivolgimenti di uno sguardo appena. Credo si sia trattato di un errore di strategia. La strada per la normalità passa anche dalla noia, certo, ma la scelta di affrontare la questione dell'identità di genere a colpi di provvedimenti eclatanti, allo scopo di ottenere visibilità, ha sortito l'effetto opposto: titoli sempre più striminziti e una diffusa sordità in un'opinione pubblica che, dapprima attratta da novità che sperava morbose, ora sbuffa e passa ad altro. Resta negletto in tutto ciò il problema fondamentale, e questo è il vero guaio: il rispetto dovuto a ogni persona nella sua incomprensibile complessità non riducibile a una formula burocratica o a una X. Perfino quando lo dice il Papa, che un tempo scatenava paginate osannanti benché ingenue, ora per tutta risposta riceve un trafiletto.