Sotto il gilet giallo niente
Delle proteste in Francia resterà alla storia solo l'immagine delle Marianne in topless. E' la protesta politica in salsa dadaista
Passeranno i secoli e, vedrete, di tutta la rivolta dei gilet gialli in Francia resterà memoria soltanto delle Marianne a seno nudo, con la cerniera della felpa rossa tirata giù e la coccarda tricolore appuntata sul cappuccio. Non perché ci metta in crisi l’orgogliosa ostensione del grembo indifeso di fronte agli scudi dei poliziotti in assetto antisommossa; né perché l’azione simbolica delle simil-Femen costituisca un’occasione ghiottissima per sbattere educatamente le tette negli spazi riservati all’informazione seria e compassata. L’immagine delle Marianne in topless solcherà il tempo in quanto performance dell’artista Deborah de Robertis, appositamente allestita in occasione della protesta dei gilet gialli, a causa e dentro di essa. Come tale, indice un nuovo equilibrio nel rapporto fra estetica e impegno: se fino a ora era l’opera d’arte a poter avere valore di azione politica, d’ora innanzi l’azione politica potrà essere considerata come una delle belle arti. Ciò presenta l’indubbio vantaggio di farci riconsiderare serenamente, con gli occhi del futuro, gli eventi odierni che ci lasciano perplessi. In questa nuova luce sarà valutata performance d’avanguardia d’intenso dadaismo l’intera protesta dei gilet gialli così come, alla stessa stregua, la trattativa sulla Brexit, i contenziosi per la Crimea, la maniera in cui gli italiani votano, l’intera carriera di Steve Bannon, le nomine ministeriali di Trump, i venti pseudo-identikit di Cesare Battisti, le tensioni fra il ragù Star e il Viminale, le conferenze globali sul clima, i congiuntivi di Di Maio e la terza guerra mondiale.