Ci voleva il Sanremo del cambiamento per capire come votano gli italiani
Il televoto del Festival dimostra come ci siamo abituati a esprimere preferenze in stato confusionale. Per poi pentircene
Sarà che è il Festival del cambiamento, sarà che questo governo fa apparire nuove tutte le cose, ma guardando Sanremo mi sono accorto per la prima volta di un dettaglio talmente radicato nella psicologia degli italiani da passare inosservato: il televoto. A inizio Festival il suffragio viene aperto con sessione singola, ossia si può votare per un cantante dal momento in cui arriva sul palco a quello in cui se ne va, nel breve spazio di una canzone. Quindi o si vota per partito preso, prima che il cantante apra bocca; oppure mentre canta, travolti dall’emozione del momento; oppure un attimo dopo che s’è taciuto, senza adeguata possibilità di raffronto. Nelle serate successive il televoto è aperto in sessione unica, ossia dall’inizio alla fine della serata si ha a disposizione un pacchetto di cinque voti da collocare sui cantanti preferiti (anche tutti sullo stesso): quindi o si tenta di amministrarli saggiamente e si finisce per votare in stato confusionale all’ultimo minuto o li si sperpera immediatamente passando le ore successive a tormentarsi perché non si può più rimediare. È talmente assodato, talmente dato per scontato che, per accorgermene, c’è voluto un Festival trasmesso sotto un governo che comprova che gli italiani votano proprio così.
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