Le leggi ingiuste della giovinezza
A Roma tre studentesse rubano le antenne di sedici automobili. Arrestate, vengono assolte dal giudice. Una sentenza che, forse, è strumento inconsapevole di una verità più profonda
Solo in Italia, credo, può capitare di venire arrestati per avere strappato sedici antenne di autoradio, processati per direttissima e assolti nel giro di ventiquattr’ore perché il fatto è troppo lieve per costituire reato. È capitato a tre studentesse della Sapienza, due francesi e una belga, che a Pasquetta, un po’ troppo allegre e probabilmente brille, prima hanno danneggiato un’intera fila di auto in sosta poi si sono accovacciate dietro una di esse per non farsi scoprire, non mancando tuttavia di fotodocumentare la bravata sui social. Il giudice avrà deciso a ragion veduta, in base a inoppugnabili principii giuridici; così come i sedici proprietari delle auto, pagando di tasca propria la riparazione poiché le tre studentesse non sono tenute a rimborsare i danni, lamenteranno che è la solita giustizia all’italiana, che reca in una mano la spada degli arruffapopolo ma nell’altra una bilancia onusta di cavilli, così da poter arrestare chiunque e assolvere tutti. Sarà il malanimo, temo, a farli parlare così. Ai fortunati che hanno parcheggiato altrove, con le antenne al sicuro, la vicenda delle tre studentesse dimostra forse una verità più profonda, di cui la sentenza è stata strumento inconsapevole: la giovinezza, la spensieratezza e l’ubriachezza seguono leggi proprie, intrinsecamente ingiuste.