Il Ramadan ai tempi dei social network
In medio oriente il numero degli utenti di Facebook & Co. aumenta sensibilmente durante il mese sacro. Ma sostituire il digiuno con internet significa colmare un vuoto con un altro
Il potere spirituale appartiene a internet. Indagini commerciali hanno rivelato che in medio oriente si verifica un significativo incremento (oltre il 5 per cento) dell’utilizzo di Facebook, Instagram, Google e YouTube nel corso del Ramadan. I superficiali ragioneranno che, in effetti, se per un mese dall’alba al tramonto non si può mangiare né bere né fumare né far l’amore, allora non resta molto altro che navigare online per ammazzare il tempo. I più profondi tuttavia noteranno che, commentando i dati, i responsabili mediorientali di Facebook e di Google fingono di non esultare per l’incremento di introiti pubblicitari bensì perché, durante il Ramadan, i loro servizi dimostrano un afflato che li accomuna alla religione: unire le persone e rasserenarle. In realtà il Ramadan, come tutti i digiuni, serve a trascendere il corpo e a vedere il mondo con occhi oltremondani, sgomberandosi l’anima da pesi inutili. Riempire il tempo con le stories sui social o con video di gattini significa sostituire un ingombro con un altro ingombro, non lasciandosi andare all’opportunità di contemplazione che può derivare solo dal vuoto. Dire che Facebook, Instagram, Google e YouTube contribuiscono alla riuscita del Ramadan significa spacciare per medicina dell’anima ciò che è soltanto un sedativo piuttosto forte.
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