Far narrare un romanzo a Gesù in prima persona non è blasfemia
Perché non ha senso scandalizzarsi per Soif il nuovo romanzo di Amélie Nothomb
Guai a quelli che si scandalizzeranno per il romanzo di Amélie Nothomb. Oggi esce in Francia “Soif”, in cui la scrittrice belga utilizza Gesù come narratore in prima persona, e già dalle anticipazioni s’intuiva l’acquolina dei critici che pregustano l’incidente religioso. Guai perché chi si scandalizza fa il gioco di quelli che riducono il cristianesimo a reazione pavloviana, a capelli ritti in testa alle beghine ogni volta che un artista non militante mette mano al sacro. Far narrare un romanzo a Gesù in prima persona, invece, non è blasfemo né presuntuoso; è anzi forse un modo privilegiato di cogliere il senso del Vangelo. Gesù stesso infatti esorta all’immedesimazione, quando equipara a sé i più piccoli (cioè noi), e l’imitatio Christi di tradizione medievale non era che uno strumento per esercitare quest’immedesimazione in prima persona. L’estraniazione e la distanza di sicurezza, al contrario, possono condurre a una certa freddezza. Guai a quelli che si scandalizzeranno per il romanzo di Amélie Nothomb, poiché dimostreranno di non aver letto il Vangelo bene quanto lei.
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