Lo strano caso di quei ladri del veronese che non riescono a scassinare i bancomat
Non basta far esplodere uno sportello automatico per rubare i soldi. Due morali diverse della favola
Come l’uomo che morde il cane, fa più notizia il ladro che non ruba. Nei dintorni di Verona è accaduto due volte in poco tempo: i soliti ignoti adocchiano un bancomat e mettono in atto un piano non troppo sofisticato per scassinarlo, ovvero farlo esplodere. Botto, fiamme, ma la struttura non cede e le banconote restano al sicuro mentre i malviventi si danno alla fuga. Passa qualche giorno e aridagli: altro bancomat e altro tentativo, verosimilmente della stessa banda, di nuovo con la strategia dell’esplosivo. Ma il bancomat non si piega; soldi, nisba anche stavolta. Finché non li acciufferanno e non apprenderemo dalle loro labbra la ratio criminosa, resterò in dubbio fra due morali della favola.
Uno: in tempi di ladri gentiluomini, tipo quelli de “La casa di carta”, i furfanti veronesi erano disinteressati. Non miravano ai soldi ma al gesto eclatante in sé, alla pura estetica dinamitarda, alla performance senza refurtiva. Improbabile.
Due: in tempi di ladri studiosi, tipo quelli de “La casa di carta”, e di piani machiavellici capillarmente architettati in ogni piega, i furfanti veronesi hanno voluto lanciare un monito alle giovani generazioni, sabotando casse automatiche a cazzo di cane e rimanendone con un pugno di mosche. Come a dire che ormai, se non si investe seriamente sullo studio, non si va da nessuna parte nemmeno nel ramo del crimine. Al massimo si diventa ministro degli Esteri.
bandiera bianca
Le incoronazioni costano, scandalizzarsi no
Bandiera bianca