A chi interessa ancora Napoleone? A Papa Francesco
Il Pontefice, dall’alto della persistenza dell’eternità, dopo duecento anni è ancora contrariato per come l'imperatore francese trattava i Papi. E nel suo nuovo libro gli dedica qualche pagina
Forse si riesce a capire davvero la storia soltanto se ci si pone dalla prospettiva dell’eterno. Papa Francesco, che per deformazione professionale è aduso a una quotidiana ruminazione dell’eternità, dà l’esempio con le poche parole che dedica a Napoleone nel suo nuovo libro (“Io credo, noi crediamo”: esce domani per Rizzoli). A chi interessa più Napoleone? Interessa al Papa, che nelle sue pagine prima gli rimprovera di essersi incoronato da solo e di aver fatto imprigionare Pio VII, poi lo ritrae umiliato e solitario per anni su un’isola in mezzo all’oceano e considera: “Forse il Signore gli ha perdonato tante cose”. Per noi che viviamo nella storia, immersi nella sua continua, incalzante contemporaneità, Napoleone è lettera morta, una poesia imparata alle elementari e qualche museo visitato da adulto. Ma Francesco, dall’alto della persistenza dell’eternità, dopo duecento anni è ancora contrariato per come Napoleone trattava i Papi; è ancora in grado di vedere in Napoleone non il simbolo ma l’uomo, l’involucro di un’anima i cui segreti oggi sono noti solo a Dio. Avvolgendo ogni uomo nella sua proiezione eterna, il Papa riesce a pensare a Napoleone in modo diverso dai suoi generali, dai suoi nemici, dai suoi eredi, dai suoi studiosi, tutti vincolati all’inesorabile ruggine della parzialità del tempo.