Uccidere per il bene della società
Il caso di un trentenne giapponese, Satoshi Uematsu, condannato a morte per aver ucciso diciannove disabili
Un trentenne giapponese, Satoshi Uematsu, è stato appena condannato a morte per avere accoltellato e ucciso diciannove disabili qualche anno fa. La dinamica degli eventi risulta chiara: l’assassino si è introdotto di notte in una casa di cura e ha ucciso i pazienti nel sonno, equamente scegliendoli fra uomini e donne. Altrettanto chiaro è il movente: l’assassino odiava i disabili in quanto fermamente convinto che la loro vita non valesse niente e che, senza di loro, il mondo sarebbe stato un posto migliore. È chiara anche la lucidità dell’azione, per quanto poi lui abbia cercato di difendersi con l’escamotage dell’infermità mentale: la decisione di prendere il coltello pare sia derivata dalla mancata risposta del presidente della Camera giapponese a una lettera in cui il futuro assassino richiedeva l’eutanasia per tutti i disabili; inoltre, dopo avere ucciso, è andato a consegnarsi alla polizia spiegando le proprie ragioni secondo la stessa logica. È chiarissima infine l’ideologia dietro il suo operato: l’ha detto lui stesso a un giornale, “la vita dei disabili non ha senso, l’ho fatto per il bene della società”. Una sola cosa non mi è chiara in tutto questo: dopo che quest’assassino lucido e crudele sarà stato impiccato, la giustizia giapponese non avrà agito esattamente come lui, uccidendo per il bene della società?
bandiera bianca
Caro Musk, assumi subito l'hacker quindicenne di Cesena
bandiera bianca