Quel che il coronavirus non cambia tra uomo e natura
Riflessioni sull'investimento di una lupa a San Michele all'Adige
Buonasera, sono una lupa di Trento. Avrei potuto essere una lepre di Milano, che corre indisturbata fra gli alberi dei parchi rimasti deserti dopo la crociata contro i runner. Avrei potuto essere un delfino di Cagliari, che sguazza felice avvicinandosi al porto ora che l’attività navale è ridotta al lumicino. Avrei perfino potuto essere un cinghiale di Roma, che si avventura col suo branco a rovistare fra i rifiuti accatastati lungo strade che già normalmente l’amministrazione lascia selvatiche, figuriamoci durante l’emergenza.
Per gli ottimisti, avrei potuto essere la dimostrazione che la natura riconquista finalmente i propri spazi, quando la smania di dominio dell’uomo sull’ambiente trova un argine che la contenga e la sgonfi. Per i pessimisti, avrei potuto essere la dimostrazione che in natura il gioco fra uomo e animale è a somma zero, o stiamo bene noi o state bene voi.
Invece sono una lupa di Trento che, non avvertendo nessun rumore né alcuna luce provenire da fondovalle, si è spinta fuori dal suo habitat fino alla strada deserta: e allora, proprio allora, è passata l’unica macchina e mi ha investita. A dimostrazione che la natura non è né buona né cattiva, non ha logica né senso; a dimostrazione che la natura non ha nulla da dimostrare.
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