L'inevitabile ondata di cultura convalescente
Sono preoccupato per il futuro della cultura perché il Coronavirus diventerà la grande scusa definitiva per l’assenza di originalità
Sono preoccupato per il futuro della cultura. Non solo nella misura in cui lo sono tutti: ovvero chiedendomi come se la caveranno i teatri, come si gireranno film a distanza di sicurezza, che fine faranno i concerti, che ne sarà dei piccoli editori, se i musei potranno garantire l’ingresso di più di un visitatore per volta. Sono preoccupato per il futuro della cultura proprio nel senso dei contenuti. Quando sarà passata quasi del tutto l’emergenza, quando potremo fingere di dire a noi stessi che è andato quasi tutto bene, temo ci beccheremo l’inevitabile ondata di cultura convalescente. Anni e anni di romanzi sulla vita quotidiana al tempo del Coronavirus, canzoni su quanto siamo forti nonostante il Coronavirus, mostre d’arte concettuale imperniate sul valore simbolico del Coronavirus, film d’amore la cui morale sarà la resilienza al Coronavirus, spettacoli teatrali sperimentali o riallestimenti di classici in mascherine e guanti, poesie il cui unico pregio sarà di aver scovato una rima in Coronavirus. Sono preoccupato per il futuro della cultura perché il Coronavirus – più delle guerre, più dell’immigrazione, più delle ingiustizie sociali o dell’impegno per i diritti – diventerà la grande scusa definitiva per l’assenza di originalità, contro la quale non c’è vaccino.
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