Dalla quarantena non ho imparato nulla
Sapevo chi e cosa odiare anche prima di questa clausura
All’alba della presunta fase 2, ci tengo a svelarvi tutto ciò che mi ha insegnato questo lungo periodo di isolamento: nulla. Sapevo che gli italiani sono un popolo dal lessico approssimativo già prima che chiamassero “quarantena”, ossia “segregazione degli infetti”, un periodo in cui non erano né infetti né segregati; sapevo già che sono orgogliosamente provinciali e vertiginosamente burocratici, senza bisogno che ribattezzassero “lockdown” la rottura di coglioni o si lasciassero sommergere da decreti e autocertificazioni su cui scrivere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare.
Sapevo già che nelle questioni scientifiche è preferibile affidarsi agli scienziati anziché ai saltimbanchi e che la ricerca ha bisogno di denaro, non di canzoncine dai balconi. Sapevo già, prima che venissero simultaneamente scoperte la didattica a distanza e l’acqua calda, che buona parte del mio lavoro d’insegnante è fatta di riti e pantomime il cui effetto è perder tempo, e che le riunioni trascorse a sbuffare sbirciando lo smartphone o ad aggiornarsi sul gossip possono essere soppiantate da videochiamate o addirittura giri di mail di senso compiuto. Sapevo già cosa leggere ben prima che gli scrittori si trasformassero in piazzisti di libri necessari per sopravvivere alla vacuità dell’esistenza; stavo già leggendo Knausgård e rileggendo Proust quando stavamo tutti benissimo e prima che si diffondesse la necessità di farlo solo e soltanto perché vincolati in ceppi. Prima che tutti raccomandassero di mettersi a fare sport in casa, già lo facevo in ostilità alla socialità da palestra e al contatto con corpi sudati e musica a palla e persone inaccettabilmente più atletiche di me.
Sapevo già, in generale, che tutto ciò che non avevo fatto prima non mi sarei certamente messo a farlo solo perché chiuso in casa, in quanto il senso del dovere si esercita meglio in libertà che sotto costrizione mentre il piacere marcisce se viene posto in cattività. Ma soprattutto sapevo già – ben prima di vedere gli snob che se la tiravano sui social, i furbetti organizzatori di picnic, gli stronzetti delatori di trasgressioni altrui, gli ingenui sventolatori di #andràtuttobene, i dirimpettai strozzati a tradimento sull’acuto del Vincerò – che la gente che non sopportavo da vicino sarebbe stata insopportabile anche a un metro di distanza o più.
Bandiera bianca
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