Lo scrittore robot non sarà italiano
L'intelligenza artificiale fa passi da gigante e ci sono già i primi casi interessanti. Ma progettare un algoritmo in grado di sostituire un autore nostrano è vera utopia
Non so voi ma io, in vita mia, ho fatto abbastanza ghostwriting da non vedere l’ora di essere sostituito dall’intelligenza artificiale: uno scrittore automatico che, dati alcuni elementi, i personaggi, l’atmosfera, l’ambientazione, la diegesi, una trama di massima, sforni direttamente il prodotto finito, che tanto buona parte dei lettori non sarebbe in grado di distinguere dal frutto originale dell’ingegno umano. Non che manchi molto, anzi abbondano le prime avvisaglie di progresso: in Israele l’intelligenza artificiale è già in grado di scrivere saggetti copiati da internet meglio della metà degli studenti universitari; il Mit di Boston ha lanciato uno scrittore automatico di racconti dell’orrore; un programmatore di Brooklyn ha approntato un algoritmo editoriale che risistema i vani tentativi dell’uomo sotto forma di sicuri bestseller; in Giappone, dove sono avanti, ben quattro anni fa un robot si è onorevolmente piazzato in un concorso letterario (ma barava: era stato aiutato da uno scrittore vero).
Non è un caso però che tutti questi esempi provengano dall’estero: dev’essere complicatissimo progettare un algoritmo in grado di sostituire un autore italiano. Lo scrittore italiano automatico sarebbe infatti sottoposto a un superlavoro: dovrebbe trattarsi di un’intelligenza artificiale in grado di generare post indignati su Facebook e tweet sarcastici a bizzeffe; di firmare a tappeto appelli per i motivi più disparati e inconsulti; di trovare qualcosa da dire in tv che giustifichi barocchi sottopancia; di frequentare i salotti giusti, di infilarsi in tutti i premi; di buttar giù un articoletto ogni tanto in cui commentare profondamente cose che ignora od originalmente cose su cui la pensa come tutti; di imbastire foto sofisticate di classici della letteratura o novità di nicchia ritratti di fianco ai fornelli o in una distesa di grano; di presenziare a più eventi possibile discernendo quelli da evitare; di buttarsi in politica, magari.
Un lavoraccio, non ce la faranno mai. Anche perché, se davvero lo inventassero, a quel punto agli scrittori italiani non resterebbe che mettersi a scrivere sul serio, mettersi a scrivere e basta, e l’intero sistema editoriale crollerebbe.