Il pubblico fa parte dello spettacolo
Come garantire il ritorno dei tifosi sugli spalti, in numero sufficiente a vivacizzare il mortorio di uno stadio deserto
Che si tratti di avatar proiettati, di foto segnaletiche, di effetti ottici virtuali o di un sottofondo preregistrato di esultanze e sacramenti, col ritorno in pianta stabile del calcio una cosa s’è capita subito: che il pubblico fa parte dello spettacolo. Significa cioè che esiste un pubblico di primo livello, quello presente sugli spalti degli stadi, il cui compito è intrattenere un pubblico di secondo livello, quello comodamente seduto sul divano di casa mentre guarda la partita in tv. Per questo si ricorre ai surrogati che menzionavo in apertura; e per questo – non per sensato risarcimento nei confronti degli abbonati, né per inchino agli ultras delle curve, né per incoraggiante ritorno alla normalità – s’inizia a pensare a come garantire il ritorno del pubblico dal vivo, più prima che dopo, fatte salve le norme di sicurezza e in numero sufficiente a vivacizzare il mortorio.
L’eco dei rintocchi del pallone nel catino vuoto o l’opportunità di sentire la voce dell’allenatore è un divertissement che vale per i primi tempi, consente forse agli ingenui di concentrarsi di più sulla trama del gioco, però alla lunga è stucchevole. I migliori club, i più organizzati, i più potenti saranno dunque quelli che durante codesta fase intermedia riusciranno per primi a garantire il ritorno di persone, persone vere, il cui compito nei confronti dei telespettatori è fondamentale: li avvertono strillando quando stanno per addormentarsi, offrono intensi primi piani di visi di fede avversa mentre rosicano, espongono striscioni in rima baciata la cui esegesi è sufficiente a far volare via l’intervallo, occasionalmente menandosi forniscono un sempreverde motivo di vanto all’habitué del divano, il quale può sentirsi moralmente superiore.
Per questo è tempo che i club – ora che le rose sono sistemate, la preparazione atletica procede e il calendario è scritto nel dettaglio – mettano a posto l’ultimo tassello mancante: trovare tifosi disposti a sottoporsi a barocchi protocolli di sicurezza, file potenzialmente interminabili, controllo della temperatura, rischi di contagio nell’abbraccio d’impeto con sconosciuti puzzolenti e ciccioni, magari con una spranga infilata sotto la maglietta, pur di popolare gli spalti degli stadi a beneficio della tv. Basterebbe pagarli.
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Le incoronazioni costano, scandalizzarsi no
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