George Eliot (Mary Ann Evans) in una statua a Warwickshire

Bandiera bianca

Femministe con i nomi degli altri

Antonio Gurrado

Ventiquattro romanzi scritti da donne sotto pseudonimo maschile saranno ripubblicati con il nome originario in copertina. L'iniziativa del Women’s Prize for Fiction e i dubbi degli studiosi 

Se vi piacciono i grandi romanzi dell’Ottocento, avete letto “Middlemarch” di Mary Ann Evans? Probabilmente no; anzi, quasi sicuramente avete letto “Middlemarch” di George Eliot. Non preoccupatevi, è lo stesso identico romanzo, solo che è appena stato pubblicato col nome originale dell’autrice. Si tratta di un’iniziativa del Women’s Prize for Fiction, intitolata “Reclaim her name”, che consiste nella pubblicazione di una collana di ventiquattro romanzi, scritti da donne sotto pseudonimo maschile, mettendo in copertina il nome originario: quindi non più George Eliot ma Mary Ann Evans, non più Vernon Lee ma Violet Paget, non più George Sand ma Amantine Aurore Dupin, e così via.

      

 

Il motivo ufficiale è far giustizia per queste donne costrette a utilizzare nomi maschili per essere prese sul serio. Impeccabile dal punto di vista della correttezza politica, l’iniziativa e la sua motivazione sollevano qualche perplessità fra gli studiosi. Anzitutto,  molti dei nom de plume erano risaputi appartenere a donne, quindi il pubblico comprava tali romanzi sapendo che l’autore era un’autrice senza alcun danno per la sua credibilità. Poi, i romanzi inclusi nella collana sono stati pubblicati mentre molte altre autrici erano già affermate col proprio nome, quindi lo pseudonimo maschile non era necessario; inoltre, diventerebbe inspiegabile perché, nello stesso periodo, alcuni autori maschi abbiano pubblicato sotto pseudonimo femminile. Volevano rendersi meno credibili? Ma, soprattutto, questo femminismo in differita rischia di essere controproducente.

    

Prendiamo George Eliot: tutti sapevano che era Mary Ann Evans ma, per tutta la vita, fu fermamente convinta che i suoi libri dovevano essere firmati con quello pseudonimo perché George Eliot era la sua identità quando scriveva. Le era venuta l’idea, ci aveva pensato, aveva vagliato le alternative e aveva scelto. Non è uno strano modo di prendere sul serio qualcuno, contraddire le decisioni che ha preso?