BANDIERA BIANCA
L'ermo colle di Leopardi diventa una discarica
A Recanati, sotto il colle dell'Infinito, stanno per essere rovesciati 450 mila metri cubi di spazzatura proveniente da tutte le Marche. Non sappiamo cosa direbbe il poeta, ma qualche indizio è nascosto tra i suoi scritti
Chissà cosa direbbe Giacomino Leopardi, si domanda l’opinione pubblica, se scoprisse che sotto il colle dell’Infinito stanno per rovesciarsi tonnellate d’immondizia. Pare infatti sia allo studio un progetto per impiantare proprio lì sotto la siepe (che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude) la più grande discarica del maceratese, roba da quattrocentocinquantamila metri cubi di spazzatura proveniente da tutte le Marche. Chissà cosa direbbe della sua terra, il recanatese che aveva scritto: “Qui tutto è morte, tutto è insensataggine e stupidità” (lettera a Giordani del 30 aprile 1817). Chissà cosa direbbe dei faticosi tentativi di preservare dai rifiuti il panorama dell'ermo colle, il poeta che descrisse “l’avvilimento” a vivere in “questo centro dell’inciviltà e dell’ignoranza europea” (lettera a Viesseux del 21 marzo 1830). Chissà cosa direbbe dell’idea di farci una discarica, il filosofo che aveva considerato con rassegnazione come, alla fin fine, “la vita di quest’universo è un perpetuo ciclo di produzione e distruzione” (Dialogo della Natura e di un Islandese, 1824). Chissà come proporrebbe di valorizzare tutta quella distesa di verde, il pensatore che rivelava: “In verità ogni giardino è quasi un vasto ospitale, luogo ben più deplorabile che un cemeterio” (Zibaldone, 1826). Chissà come commenterebbe il progetto della Provincia di Macerata, il saggista che argomentava: “Le città piccole e le provincie d’Italia sono di costumi e di principii assai peggiori che le capitali e le città grandi” (Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani, ancora 1824). Chissà come giudicherebbe la visione politica dei suoi conterranei democraticamente eletti, il conte che “stimava che negli uomini l’inconsideratezza sia molto più comune della malvagità” (Detti memorabili di Filippo Ottonieri, sempre 1824). Cosa direbbe oggi Leopardi proprio non saprei; mi sembra tuttavia che avesse le idee molto chiare già da un po’.