Foto LaPresse/Claudio Furlan 

Bandiera Bianca

Il virus e l'esigenza di ripensare l'idea romantica della scuola. Il caso del Manzoni

Antonio Gurrado

I nuovi criteri per l'ammissione al liceo milanese hanno sollevato l'indignazione di bottipienisti e mogliubriachisti: ma se abbiamo bisogno di più spazio e non abbiamo spazi, cosa facciamo? 

Se vogliamo estendere la visuale sulla scuola a una prospettiva un po’ più ampia del 13 o del 24 novembre, la vera notizia del giorno non è il ritorno clandestino della didattica a distanza bensì il caso del Manzoni, lo storico liceo milanese che ha dovuto cambiare a furor di popolo i criteri di ammissione previsti per l’anno venturo. Al Manzoni è successo ciò che fior di autorevoli opinionisti avevano vaticinato per i più prestigiosi college anglo-americani: alle limitazioni logistiche imposte dall’emergenza sanitaria corrisponderà una riduzione della disponibilità della didattica in presenza, quindi bisogna far sì che questa riduzione non vada a discapito della qualità.

    

Il Manzoni, non disponendo di spazi per far fronte a tutte le preventivabili richieste di iscrizione, aveva in prima battuta stabilito per l’anno scolastico 2020-’21 due prerequisiti per i nuovi alunni: la provenienza da una zona di Milano limitrofa all’istituto (grossomodo, il centro) e voti elevati alla scuola media. Ne è conseguita una sollevazione indignata da parte dei soliti bottipienisti e mogliubriachisti, che vogliono una maggiore distanza fra gli alunni nelle aule senza diminuire il numero di alunni nelle medesime aule; nonché, inevitabile, l’accusa di elitarismo di quartiere che ha portato l’istituto a soprassedere sospendendo il provvedimento.

 

Se però è vero quel che scrivono i giornali, il criterio di viciniorietà era già in vigore, quindi causa di scandalo è stata l’aggiunta del voto delle medie; chi ha protestato lo ha fatto contro l’idea della selezione qualitativa. In Italia infatti il sistema dell’istruzione si fonda su una sostanziale ipocrisia: così come si deve dire che la didattica continua in presenza, salvo garantire una percentuale di didattica a distanza compresa fra il 75 e il 100 per cento, allo stesso modo non si può dire che fatalmente le scuole non sono tutte uguali, non garantiscono la stessa qualità di apprendimento, e quindi un diploma non vale l’altro.

 

Il caso del Manzoni è stato un’avvisaglia del futuro che ci attende e la sua colpa sta solo nell’aver anticipato i tempi del prossimo dibattito insolubile sulla scuola, ovvero: poiché abbiamo bisogno di più spazio ma non abbiamo abbastanza spazi, cosa facciamo? Corriamo il rischio di perdere gli studenti migliori sorteggiando chi può andare a scuola o ridiscutiamo l’idea romantica della scuola dell’obbligo uguale dappertutto per tutti?

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