La banda 'Orchester Graz' esegue la marcia di Radetzky durante il programma televisivo di Capodanno a Graz, Austria (foto di Michael Gruber / Getty Images) 

Bandiera Bianca

Ma com'è che i milanesi ascoltano con affetto la Marcia di Radetzky?

Antonio Gurrado

Dubito che medesimo successo riscuoterebbe un’ipotetica marcia del generale Lamarmora, o del maresciallo Diaz; ci suonerebbe stramba, burocratica, desueta; insorgerebbero i pacifisti; verrebbe ricoperta di pernacchie

Giornata milanese, giornata musicale, e sul Corriere della Sera trapela incidentalmente una domanda di Philippe Daverio alla vigilia dell’uscita del suo annuario postumo (“Il vizio della curiosità”, Rizzoli): ma com’è che i milanesi ascoltano con affetto la Marcia di Radetzky? Giusto, come mai? La marcia di Radetzky è l’epitome musicale della dominazione austriaca contro la quale i milanesi stessi si sono ribellati, se non per primi nella maniera più efficace, ormai un secolo e mezzo fa. Ascoltare la marcia di Radetzky con affetto significa, anzitutto, aver rimosso il portato storico, o per leggerezza o (temo valga soprattutto per le giovani generazioni) per ignoranza. In secondo luogo, la marcia di Radetzky è dai più ormai associata a festeggiamenti fini a sé stessi; a furia di sentirla e risentirla nei concerti viennesi è diventata un innocuo motivetto di Capodanno. Quindi ascoltare la marcia di Radetzky con affetto implica covare un’insana predilezione per lo strepito e il battimani.

 

   

Infine, la marcia di Radetzky ha ai nostri occhi l’inestimabile pregio dell’esotico: viene da oltreconfine, ci dà un senso di cordiale asburgheria, buono per un po’ di distrazione occasionale. Dubito che medesimo successo riscuoterebbe un’ipotetica marcia del generale Guglielmo Pepe, o del generale Alfonso Lamarmora, o del maresciallo Armando Diaz; ci suonerebbe stramba, burocratica, desueta; insorgerebbero i pacifisti; verrebbe ricoperta di pernacchie. La marcia di Radetzky invece no: per apprezzarla basta essere esterofili, caciaroni, felicemente inconsapevoli del passato. Affiora dunque il dubbio che la marcia di Radetzky piaccia tanto ai milanesi perché, dopo il Risorgimento, col passare delle generazioni e dei secoli sono diventati italiani.

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