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Si scrive start-up, si legge servitù
A Milano va di moda una nuova attività che ti semplifica la vita: con un click c'è chi va a ritirare i panni in lavanderia o a fare la fila alle poste in vece vostra. Un'estrema polarizzazione in due nuove classi sociali
Sembra la Silicon Valley, invece è Downton Abbey. A Milano va di moda una start-up che vi semplifica la vita. Clic, e vi vanno a ritirare i panni in lavanderia. Clic, e vanno a fare la fila all’ufficio postale in vece vostra. Clic, e vi portano dal veterinario il cagnolino o la vergine cuccia. Tutto molto tecnologico ma, gratta gratta, si tratta di persone che svolgono incombenze per conto di altre persone che non ne hanno voglia: quando il termine “start-up” non era ancora stato inventato, sul vocabolario trovavate la stessa definizione alla voce “servitù”. E infatti, vai a vedere, chi sono le persone che lavorano per questa start-up? Giovanotti che vogliono guadagnare i primi soldi, nullatenenti che devono sbarcare il lunario, uomini che hanno perso il lavoro e non sanno come mantenere la famiglia; e sono in tanti. Chi sono invece le persone che si avvalgono dei loro servigi? Signori che hanno ancora un lavoro quindi non hanno tempo, signori che stanno comodi in casa e preferiscono non uscire, signori che possiedono troppe cose per riuscire a gestirle tutte; e sono in tanti anche loro. Intendiamoci, l’attività della start-up in sé è utile, legittima e financo meritoria, come tutti i lavori regolarmente contrattualizzati e, per giunta, creati in un contesto di orrida crisi. Ma diventa sempre più difficile far finta di non accorgersi che la pandemia ci sta polarizzando in due nuovi classi sociali: la servitù sotto falso nome e l’aristocrazia di massa.
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