(foto d'archivio Ansa)

Bandiera Bianca

Quel cattivo maestro di Sciascia

Antonio Gurrado

Fumava in aula, preferiva prendere il caffè coi colleghi anziché stare coi bambini, si assentava spesso. Si ricaverebbe l’impressione che fosse di pessimo esempio per gli studenti; eppure sono proprio queste caratteristiche che lo hanno reso materia di studio

Leonardo Sciascia cattivo maestro, nel senso letterale del termine. A margine delle celebrazioni per il centenario ho scoperto – lo racconta Felice Cavallaro in “Sciascia l’eretico” (Solferino) – che alla scuola elementare di Racalmuto il maestro Sciascia fumava in aula, preferiva prendere il caffè coi colleghi anziché stare coi bambini, si assentava spesso e volentieri per raggiungere Pasolini e Calvino a Roma. Oggi, va da sé, sarebbe impensabile: i genitori insorgerebbero contro l’insegnante tabagista, coltissimo quantunque; i colleghi con cui attardarsi per il caffè fra adulti schiopperebbero via alla mercé dell’implacabile registro elettronico; l’istituzione in sé non apprezzerebbe le prolungate assenze se non per dedicarsi a corsi di aggiornamento sul RAV, sui BES, sul PTOF, sui PCTO e su tutti gli acronimi dell’anima della pedagogia, altro che incontrare Pasolini e Calvino. In genere, si ricaverebbe l’impressione che uno Sciascia fosse di pessimo esempio per gli studenti, e che meglio farebbe a star lontano dalla scuola; eppure sono proprio queste caratteristiche che lo hanno reso Sciascia e, come tale, meritevole di essere incluso nei programmi scolastici. Se ne può dedurre che la scuola italiana sistemi in due insiemi ben distinti chi è bravo a insegnare e chi merita di essere studiato.

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