Bandiera bianca
La cultura, sconosciuta anche nelle sue capitali
Tutta la retorica dell'importante è partecipare nel "concession speech" dei rappresentanti delle città sconfitte da Procida
Ma come parlano le capitali della cultura? Spulciando i virgolettati dei rappresentanti delle città sconfitte da Procida, oltre agli inevitabili complimenti passivo-aggressivi, vien fuori un discorso collettivo che può essere montato così: “Abbiamo comunque vinto partecipando: è solo una tappa di un lungo percorso, ci abbiamo creduto, abbiamo messo in campo la nostra creatività, abbiamo cercato una sfida perché volevamo essere visti dal mondo. È fondamentale mettersi in gioco ed è stata comunque una grande occasione di crescita. Siamo sulla strada giusta; abbiamo costruito una visione per i prossimi anni, con una grande partecipazione intorno al futuro della città e al suo cambiamento, per uscire dalla monocultura. Il lavoro fatto non si butta e la nostra vera vittoria è il test di resilienza che abbiamo messo in moto: stiamo già attivando alcune progettualità di turismo sostenibile, un progetto popolare di crescita e sviluppo in funzione dell’altro come porto, luogo di incrocio, di conoscenza e di scoperta. La cultura è chiamata a occuparsi della coesione, della differenza, della civiltà, nel senso della rinascita sociale. Bisogna sfruttare le cose che stiamo già facendo in modo più ottimale dal punto di vista strategico e geografico, bisogna guardare all’accessibilità, alla sostenibilità, alla tutela, ai giovani, al dialogo tra le discipline della conoscenza. Abbiamo cercato il nostro futuro, abbiamo voluto riscrivere la nostra storia integrandola con il territorio; vogliamo restituire bellezza al nostro territorio e dobbiamo diventare il benchmark di tutti i comuni che vogliono tentare la riprogettazione del nostro territorio; abbiamo portato anche l’apprezzamento di altri territori basandoci sul concetto di città territorio. Il 2022 sarà comunque uno spartiacque: la nostra città è comunque capitale della cultura nel cuore di ogni nostro concittadino”. Un pastone di frasi fatte e di termini astrusi, di retorica ricicciata e di supercazzole mutuate dalle interviste postpartita, con l’aggiunta di un sacco di territorio. Più che sufficiente a lasciar intuire che, da noi, la cultura è un concetto più insensato del concorso per scegliere ogni anno una capitale.