(foto EPA)

Bandiera Bianca

La Giornata della Memoria ci insegna a non dare nulla per scontato

Antonio Gurrado

Oltre a ricordare l’orrore perpetrato in nome del male, questa ricorrenza ci ricorda anche che, per accorgerci di quanto radicati siano il male e l’orrore nel mondo, abbiamo avuto bisogno di milioni e milioni di vite

Nel 1964 il filosofo Pietro Prini organizzò, all’Università di Perugia, una tavola rotonda su un tema che abbiamo a cuore tuttora: il mondo di domani. Erano i tempi preoccupanti delle crisi missilistiche, dell’assassinio di Kennedy, del Muro di Berlino, dei test nucleari. A riflettere sulle prospettive poco rosee, oltre a Umberto Eco, Paul Ricoeur, Carlo Bo e Giulio Carlo Argan, fu invitato anche Ernesto de Martino, chiamato a esprimersi sul problema non da poco della fine del mondo. Il testo è appena stato ripubblicato nel volumetto “Oltre Eboli” della Piccola Biblioteca Morale di e/o.

 

De Martino individuò il carattere fondamentale della nostra epoca nella “drammatica consapevolezza” che il mondo – inteso come “società degli uomini attraversata dai valori umani” – può finire ma al contempo non deve finire: bisogna preservarlo e sforzarsi di difenderlo, anziché darne per scontata la permanenza. Aggiunse poi che la drammatica consapevolezza di quest’attrito si era palesata al genere umano a causa della bomba atomica e soprattutto della Shoah: “Ma già il fatto che abbiamo avuto bisogno di sei milioni di ebrei periti nei campi di sterminio” per avvertire quest’attrito, considerò, “indica quanto profonde siano le radici della nostra crisi”. È un bene che queste pagine siano tornate in libreria a ridosso del Giorno della Memoria. Così, oltre a ricordare l’orrore perpetrato in nome del male, ci ricordiamo anche che, per accorgerci di quanto radicati siano il male e l’orrore nel mondo, per accorgerci di quanto poco basti perché possa finire il mondo che non deve finire, abbiamo avuto bisogno di milioni e milioni di vite.

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