bandiera bianca
Lo strano concetto di libertà di Mélenchon
Il leader di ultrasinistra de La France Insoumise ha lanciato l’idea di una festa della libertà come manifestazione di protesta contro i provvedimenti anti-Covid di Macron. Si sottintende l’idea che, come la festa, anche la libertà sia un eccesso temporaneo e provvisorio, una graziosa concessione di cui approfittare per un’abbuffata trasgressiva
Siete liberi sabato 20 marzo? Lo so, lo so; era una domanda retorica. Fatto sta che per quella data Jean-Luc Mélenchon, il leader di ultrasinistra de La France Insoumise, ha lanciato l’idea di una festa della libertà come manifestazione di protesta contro le leggi liberticide (vulgo, i provvedimenti anti-Covid) di Macron. Non è stato prodigo di dettagli ma due cose si sono capite: immagina una specie di rave per le strade, con sanculotti forse col berretto frigio e forse senza mascherina che si accalcano al solo scopo di dimostrare la propria libertà di accalcarsi; e vuole utilizzare il principio inalienabile di manifestare un’opinione politica come pretesto su cui far leva per accalcarsi a festeggiare il fatto che ci si sta accalcando.
Per carità, ciascuno si diverte come può. Prima di rispondere con entusiasmo all’invito di Mélenchon, vi inviterei tuttavia a considerare che una festa, per definizione, è un momento eccezionale segnato da un inizio e da una fine, e i cui eccessi traggono senso proprio da questa finitezza e da questa eccezionalità. Organizzare una festa della libertà sottintende l’idea che, come la festa, anche la libertà sia un eccesso temporaneo e provvisorio, una graziosa concessione di cui approfittare per un’abbuffata trasgressiva. Se la libertà viene ridotta ad arbitrio e casino, allora, finita la festa, finita anche la libertà. Quindi la questione non è se siate liberi sabato 20 marzo, ma se vogliate essere liberi anche il 21, il 22 e così via. La domanda non è retorica.