Bandiera bianca
Un gesuita per i paraguaiani d'Italia
Il tempo, la cronologia, il principio causa-effetto, erano concetti estranei agli indigeni del Paraguay, abituati a vivere nel momento. Poi arrivarono i missionari della compagnia di Gesù. Una storia che Draghi conosce bene e che tornerà utile anche a tutti noi
I paraguaiani non conoscevano il tempo. Quando i primi missionari gesuiti raggiunsero quelle lontane terre, fra il 1585 e il 1587, si accorsero di essere indietro col programma: più dell’evenienza che gli indigeni circolassero ignudi o indulgessero all’occasionale antropofagia, i missionari scoprirono di dover preoccuparsi anzitutto dell’inconsapevolezza con cui i futuri catecumeni vivevano esclusivamente nel momento, in preda a passioni assolute, subitanei entusiasmi e incontenibili terrori. Provate voi a convertire alla fede nella vita eterna persone che hanno una confusa nozione di ieri e di domani; provate voi a prospettare le conseguenze ultramondane di buone e cattive azioni a persone costantemente identificate dall’emozione di cui erano in preda, fosse fregola o pigrizia, ardore o avvilimento.
Che pazienza, i gesuiti. Per mettere in atto il proprio vasto programma a lungo termine, si misero lì a spiegare ai paraguaiani i fondamentali della cronologia, del principio di causa-effetto, della logica e della matematica; li educarono alla domesticità e riformarono i loro rapporti strutturandoli in complesse architetture sociali; insegnarono loro nuovi lavori e fecero cadere in disuso attività insensate o controproducenti; facevano ripassare le tabelline dopo ogni messa e, per i più distratti, istituirono un’apposita campana che rintoccasse per chiamare a regolari doveri coniugali. Tempo due generazioni, e il Paraguay era stato ricostruito da zero, come la più organizzata e sofisticata delle civiltà, capace di mantenersi da sé, di organizzarsi per bene e di difendersi con le cattive se necessario. Mario Draghi questa storia la conosce a menadito, avendo studiato dai reverendi padri; tornerà utile anche a tutti noi, paraguaiani d’Italia.