Bandiera bianca
Sanremo? Meglio su Zoom, con filtro Ariston
Il Festival è fatto della stessa impalpabile materia dei sogni, con o senza applausi finti; l’unica incrinatura è la circostanza che esista davvero. Meglio sarebbe stato organizzarlo in una città immaginaria o su qualche piattaforma online
Io non capisco tutta questa agitazione per il fatto che al Festival di Sanremo, in assenza di pubblico, ci saranno applausi finti, come le risate in scatola dei Robinson o di Nonno Felice. Preoccuparsene significa presumere un’esigenza di realismo che non credo abbia mai caratterizzato il Festival: la finzione è anzi sempre stata la sua cifra distintiva, nel bene e nel male. Già solo l’occupazione in armi del teleschermo per ore e ore, sere e sere, con propaggini che tracimano a contaminare intere puntate di Domenica In o, parodisticamente, di Striscia la notizia, ha sempre fatto del Festival una parentesi irreale nel palinsesto.
Per non parlare del costante sospetto che ha punteggiato varie edizioni, con occasionali mise en abîme come Cavallo Pazzo che irrompe a svelare che il Festival è truccato salvo lasciar pensare che la sua stessa irruzione fosse posticcia, preparata, impostura al quadrato. Per non parlare del playback imposto per un bel pezzo in pianta stabile, che di tanto in tanto tradiva e svergognava il labiale dei cantanti. E i Jalisse, in fondo i Jalisse cosa sono stati se non un’allucinazione collettiva? Il Festival è fatto della stessa impalpabile materia dei sogni, con o senza applausi finti; l’unica incrinatura è la circostanza che Sanremo esista davvero. Meglio sarebbe stato organizzarlo in una città immaginaria, una Nefelococcigia o una Macondo; o magari tenerlo su Zoom, ognuno a casa propria, col filtro Ariston a camuffare le pareti.
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