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Non è colpa della Dad se la scuola italiana se la passa così male
L'aumento di alunni incompetenti rispetto all'anno scorso e la percentuale di docenti non vaccinati sono l'emblema di una disfunzione che va ben oltre la didattica a distanza
4% e 15% sono le percentuali più spaventose della scuola. 4% è la variazione della percentuale di alunni incompetenti in italiano e in matematica, secondo i dati Invalsi di ieri, fra terza media e quinta superiore: significa che se in terza media gli incompetenti in italiano sono il 39%, in quinta superiore diventano il 44%; se in terza media gli incompetenti in matematica sono il 45%, in quinta superiore sforano il 50%. Non si può incolpare di tutto la Dad: l’incremento della percentuale di incompetenza – che dovrebbe ragionevolmente calare man mano che aumenta il livello scolastico – significa che qualcosa di orribile accade al passaggio fra medie e superiori.
Questo qualcosa è l’obbligo scolastico innalzato a sedici anni o, per i pluriripetenti diciottenni, comunque fino alla seconda superiore. Ciò non ha comportato solo un abbassamento dei requisiti di decenza all’inizio delle superiori e la difficoltà di fornire basi solide, ma anche la tendenza, una volta sfangato il biennio obbligatorio, a vivacchiare nel triennio mollando definitivamente gli ormeggi. 15% invece è la percentuale di docenti non ancora vaccinati nonostante la corsia preferenziale. Significa che in ogni consiglio di classe c’è mediamente un insegnante vittima di timore, superstizione, illogicità o (nel migliore dei casi) incompetenza informatica, che fa fatica col principio di causa/effetto o con la comprensione di argomentazioni piuttosto elementari: insomma, un insegnante che ha il suo bravo posto di lavoro ma è privo degli stessi strumenti di base che le prove Invalsi richiedono agli alunni. E così, da entrambi i lati della cattedra, un diritto acquisito diventa un danno per la collettività.
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