bandiera bianca
Sono disposto a riconoscere la grandezza tragica di un no vax, ma solo tra ottant'anni
Gli antivaccinisti non sono creature nuove nella narrazione letteraria. E' possibile incontrare uno di loro in un'opera minore di Henry Miller, pubblicata nel 1941. E le somiglianze col presente sono sorprendenti
Henry Miller ha incontrato un no-vax. Lo racconta nel 1941, in un libro che ottant’anni dopo non è facilissimo da trovare, “Il giudizio del cuore”.
L’uomo, incrociato durante una deambulazione notturna a New Orleans, è un attaccabrighe che non si capacita del “perché non si osi neppure protestare contro le vaccinazioni, sebbene vi sia prova sufficiente che la vaccinazione faccia più male che bene”. Ha dalla sua tutto l’armamentario dell’attuale retorica antivaccinista: nutre sospetto e sdegno nei confronti dell’intera classe politica (in particolar modo i vicepresidenti, che tramano nell’ombra e gli paiono tutti farabutti, scaltri e meschini); vaneggia di nostalgie sovraniste al punto da dirsi grande ammiratore del generale Lee, il condottiero sudista della guerra di secessione le cui statue oggi stanno venendo abbattute persino in Virginia; ce l’ha su con le banche, con gli esperti, con il modello di vita occidentale… Ha due attenuanti: è alcolizzato, ed è un reduce della prima guerra mondiale, cosa che in parte ne giustifica il livore.
La risposta che dà Henry Miller dopo pagine di monologo è di quelle che oggi sarebbero virali asfaltate: “Non abbiamo nulla da dirci. Tu sei occupato a distruggerti e io non posso fermarti. Tutto ciò che ti posso dire è che ti auguro buona fortuna”. All’epoca non c’erano né social né talk show quindi si poteva decidere unilateralmente di ignorare l’assurdità con una porta chiusa in faccia; è proprio questa risposta tranchant che anzi, per contrasto, fa risaltare il dramma del veterano sconfitto, ubriaco e delirante. Leggendola, perfino io mi sono sentito disposto a cogliere la grandezza tragica dei no-vax, il loro portato umano, il loro senso in questo crudele ganglio della storia. Fra ottant’anni, però.