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Pregi e (molti) difetti di Substack
Anche Chuck Palahniuk sbarca sulla piattaforma di newslettering, dove chi si abbona riceve a puntate la nuova opera di un autore
Dopo Salman Rushdie ed Etgar Keret, ecco che arriva su Substack anche Chuck Palahniuk: da lunedì, il suo romanzo sarà disponibile sull’emergente piattaforma americana di newslettering. Funziona così: ci si abbona pagando qualche dollaro al mese (le offerte variano), oppure un forfait annuale, e si può ricevere via mail la prossima opera di Palahniuk a puntate, man mano che decide di pubblicarne capitoli o man mano che li scrive. Inoltre, i lettori più sfegatati possono pagare duecento euro per fregiarsi del titolo di finanziatori benemeriti di quest’impresa.
Non è niente di nuovo, in realtà; anche trecento anni fa gli autori andavano in cerca di sottoscrittori privati per poter mettere insieme il gruzzoletto sufficiente a pubblicare un’opera e magari a sbarcare il lunario. Colpisce piuttosto che i più decantati pregi di Substack siano altrettanti difetti: la lettura serializzata, con pause di giorni o settimane fra un capitolo e l’altro; l’assenza di editing, se non la possibilità di sbirciare sopra la spalla dell’autore mentre scrive; la possibilità di seguire il proprio autore preferito includendo nell’offerta anche vari altri. Il fatto che l’abbonamento convenga conferma l’idea che i libri sono prodotti di lusso: comprandoli per qualche soldo in più, infatti, potrete leggere un prodotto finito, curato da gente che se ne intende e senza una pletora di scrittori senza nome che si accalca tutt’attorno alle pagine.
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