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L'appropriazione culturale spiegata da un elefante subacqueo
Le critiche che hanno investito la cantante Jesy Nelson e la logica di stritolamento dello showbusiness
Buonasera, sono un elefante subacqueo. Se non ne avete mai visto uno, è molto semplice procurarselo: basta prendere un pachiderma e gettarlo in un acquario grande a sufficienza. È ciò che hanno fatto in uno zoo australiano, di cui sono diventato la star indiscussa mentre dalla mia proboscide le bollicine risalgono in superficie. Non è il mio habitat ma la celebrità ha un prezzo, anche se qualcuno sostiene che si tratti di sfruttamento. Ho saputo che molto distante da qui, a Londra, la cantante Jesy Nelson è stata accusata di appropriazione culturale perché è molto abbronzata e ha splendidi capelli ricci – tecnicamente si chiama blackfishing, poter essere scambiati per neri senza esserlo.
Lasciatevelo dire da me, un elefante che i guardiani dello zoo hanno scambiato per un pesce: i casi sono due. O anche Jesy Nelson ritiene come me che il prezzo della celebrità sia fingere di appartenere a un ambiente estraneo, e allora anche io sono colpevole di appropriazione culturale. Oppure Jesy Nelson come me è stritolata da uno showbusiness che vuole piegare gli individui nel senso che la convenienza del mercato suggerisce o impone. E allora è vittima anche lei di sfruttamento, come un elefante sott’acqua.
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