Bandiera bianca
Incappare in una fake news su Marconi
La statua dell'inventore imbrattata al Pincio non esiste. Faccio autocritica per esserci cascato, in buona compagnia: se ci abbiamo creduto tutti è perché nelle nostre teste è ormai normale che un monumento storico venga processato
Come Giacomo Leopardi compongo una palinodia ovvero, come Ugo Tognazzi, rivendico il diritto alla cazzata: che nello specifico è stata cascare, busto e tutto, nel tranello dell’erma di Guglielmo Marconi imbrattata al Pincio da un sedicente gruppo antifascista scontento dei trascorsi politici del nostro. Ora vien fuori che al Pincio non c’è nessun busto di Marconi; o meglio, ce n’è uno, effettivamente imbrattato, ma è stato aggiunto clandestinamente e reca le fattezze dell’artista autore dell’oggetto e della performance, Karlo Mangiafesta. Il quale, sul web, ha la biografia più breve ed essenziale della storia: “Karlo Mangiafesta non esiste”.
Io, un po’ ciula, dalla lontana mia Lombardia anziché andare a controllare avevo dedicato un mese fa una Bandiera a questo fatterello, trascinato dalla cieca fiducia in numerosi giornali che avevano riportato l’accaduto senza contare i busti – dovevano essere 228, erano 229 – né sapere se il giorno prima il busto di Marconi ci fosse davvero. A margine di questa serena autocritica posso tuttavia esprimere ben tre motivi di soddisfazione. Per la prima volta in vita mia, insieme a tutti gli altri che ci han creduto e ne hanno scritto, sono stato inconsapevole materiale di un’opera d’arte: se nessuno si fosse accorto del finto avvenimento, la performance dello pseudo-Karlo Mangiafesta sarebbe fallita.
Poi, il busto adesso c’è, è lì da un mese, un Marconi trasfigurato, imbrattato e riabilitato come merita, forse anche grazie all’ondata di commentatori indignati, quorum ego. Infine, e soprattutto, se ci abbiamo creduto tutti è perché nelle nostre teste è ormai accettabile e normale che la statua di un personaggio di cent’anni fa venga processata e punita sommariamente. E la vera notizia è questa.