BANDIERA BIANCA

La morale dietro la storia della piccola Amal

Antonio Gurrado

Un pupazzo parte dalla Turchia e arriva in Gran Bretagna. Simboleggia i minori in fuga verso i nostri paesi. Ma, differenza dei pupazzi, i bambini in carne e ossa ci guardano e ci giudicano

Partita da Gaziantep, in Turchia meridionale, la piccola Amal ha raggiunto dopo mesi l’Inghilterra, tappa finale del viaggio che l’ha vista profuga attraverso Grecia, Italia, Francia, Svizzera, Germania e Belgio. La piccola Amal non è poi tanto piccola, essendo alta all’incirca tre metri e mezzo ovvero il doppio delle persone che, facendosi attorno al suo cammino, per ottomila e rotti chilometri l’hanno accolta, celebrata, osannata. Quest’enorme pupazzo, che raffigura una bambina e rappresenta tutti i minori costretti a mettersi da soli in fuga verso l’Occidente, è la dimostrazione simbolica di quanto sia facile e istintivo fare spazio a chi è debole, indifeso e cerca aiuto da noi.

 

La piccola Amal che ci guarda dall’alto dei suoi tre metri e mezzo non minaccia di schiacciarci ma ci osserva e ci giudica: forse per questo accoglierla viene istintivo e sotto di lei la folla si accalca festante. Ma cosa accade quando arrivano, dopo migliaia di chilometri, percorsi chissà come, bambini veri in carne e ossa? Loro ci guardano da sotto in su, non svettano sopra le nostre teste ma ci stanno tra i piedi, col nasino puntato verso la speranza, perché non sono alti il doppio di noi ma la metà; non sono un’opera d’arte meccanizzata ma portatori di bisogni e istinti concreti, non hanno valore simbolico ma storie individuali indigeribili. Loro sì che sono piccoli, loro sì che sono ingombranti, per questo niente folla festante.

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