BANDIERA BIANCA
La morale dietro la storia della piccola Amal
Un pupazzo parte dalla Turchia e arriva in Gran Bretagna. Simboleggia i minori in fuga verso i nostri paesi. Ma, differenza dei pupazzi, i bambini in carne e ossa ci guardano e ci giudicano
Partita da Gaziantep, in Turchia meridionale, la piccola Amal ha raggiunto dopo mesi l’Inghilterra, tappa finale del viaggio che l’ha vista profuga attraverso Grecia, Italia, Francia, Svizzera, Germania e Belgio. La piccola Amal non è poi tanto piccola, essendo alta all’incirca tre metri e mezzo ovvero il doppio delle persone che, facendosi attorno al suo cammino, per ottomila e rotti chilometri l’hanno accolta, celebrata, osannata. Quest’enorme pupazzo, che raffigura una bambina e rappresenta tutti i minori costretti a mettersi da soli in fuga verso l’Occidente, è la dimostrazione simbolica di quanto sia facile e istintivo fare spazio a chi è debole, indifeso e cerca aiuto da noi.
La piccola Amal che ci guarda dall’alto dei suoi tre metri e mezzo non minaccia di schiacciarci ma ci osserva e ci giudica: forse per questo accoglierla viene istintivo e sotto di lei la folla si accalca festante. Ma cosa accade quando arrivano, dopo migliaia di chilometri, percorsi chissà come, bambini veri in carne e ossa? Loro ci guardano da sotto in su, non svettano sopra le nostre teste ma ci stanno tra i piedi, col nasino puntato verso la speranza, perché non sono alti il doppio di noi ma la metà; non sono un’opera d’arte meccanizzata ma portatori di bisogni e istinti concreti, non hanno valore simbolico ma storie individuali indigeribili. Loro sì che sono piccoli, loro sì che sono ingombranti, per questo niente folla festante.
bandiera bianca
Le incoronazioni costano, scandalizzarsi no
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