Monsignor Nunzio Galantino (Ansa)

Bandiera bianca

Il partito della Chiesa va bene. Ma solo di nascosto

Antonio Gurrado

Monsignor Nunzio Galantino auspica sì una formazione politica di ispirazione cristiana, a patto però che non cerchi legittimazione da parte della Chiesa poiché “una simile benedizione sarebbe la morte di qualsiasi iniziativa”

L’ho letto una volta, l’ho riletto due, l’ho letto ancora la terza e c’era scritto proprio così, addirittura fra virgolette: monsignor Nunzio Galantino auspica sì un partito di ispirazione cristiana, a patto però che non cerchi legittimazione da parte della Chiesa poiché “una simile benedizione sarebbe la morte di qualsiasi iniziativa”. Ne abbiamo fatta di strada dal Non expedit, dal patto Gentiloni, dai Patti Lateranensi, dalla DC e anche dai cattolici adulti di prodiana memoria. La frase di monsignor Galantino (nel frattempo ho riletto per la quarta, quinta e sesta volta: c’è proprio scritto così) apre una nuova fase dei rapporti fra Chiesa e politica: quella in cui un partito, per riuscire ad affermare i valori cari al cattolicesimo, deve evitare le gerarchie cattoliche, schivarle, fingere di non conoscerle.

 

In sostanza, l’approvazione di un cardinale, di un vescovo o di un parroco è sufficiente a far perdere un mare di voti di area cattolica, e l’unica speranza di successo sta nel nicodemismo. Vuol dire che in Italia o non funziona la politica o non funziona la Chiesa. Ne abbiamo fatta di strada dal Non expedit: nel 1874 ai cattolici non era consentito votare né candidarsi; nel 2021 possono farlo solo se sono cattolici di nascosto.

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