Bandiera bianca
Cosa vuol dire meritocrazia? Un test all'italiana
Il sipario del merito nasconde l’immobilità? Si chiedono in Inghilterra. Per scoprilo c'è solo un modo: trasferirsi in una nazione in cui non ci sono percorsi di formazione di riconosciuta eccellenza, dove una scuola vale l’altra e in cui nessuno sa dove si siano laureati i leader politici. Un paese come il nostro
Ottima opinionista del Guardian, nel corsivo di quest’oggi Arwa Mahdawi si pone una domanda non peregrina: siamo davvero una meritocrazia? In Gran Bretagna, argomenta, un terzo dei primi ministri dal dopoguerra in poi ha fatto le medie a Eton. Ventotto primi ministri nella storia si sono laureati a Oxford, di cui tredici al Christ Church college; quattordici hanno frequentato l’università a Cambridge, di cui sei nel Trinity college. Neanche tanto larvato, il sospetto è: diamo per scontato che queste istituzioni preparino meglio di altre ma siamo sicuri sia così? Non è che questi percorsi di formazione di eccellenza sono solo scellerati perpetuatori di privilegi preesistenti? Saremo mica una società bloccata, che dietro il sipario del merito nasconde l’immobilità?
C’è un solo modo sperimentale di scoprire se è vero, temo: trasferirsi seduta stante in una nazione in cui non ci sono percorsi di formazione di riconosciuta eccellenza; dove, col valore legale del titolo di studio, una scuola vale l’altra e un’università vale l’altra. Una nazione in cui nessuno sa dove si siano laureati i leader politici, figuriamoci dove abbiano fatto le medie. Una nazione anzi in cui a nessuno interessa se chi vuole governare abbia studiato qualcosa o meno. Per scoprirlo, basta trasferirsi in Italia e controllare se è una meritocrazia.