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L'insensatezza di chi equipara inazione climatica e razzismo
È quanto propaganda un'attivista di Extinction Rebellion. Fosse vero ci dovremmo tranquillizzare: la fine del mondo non discriminerà più nessuno
Una curiosa disavventura è occorsa al Guardian: qualche settimana fa un servizio dell’allegato Saturday ritraeva attivisti di vario genere, ciascuno col proprio bravo cartello di protesta, salvo una di Extinction Rebellion che appariva ammanettata. A seguito delle rimostranze dell’interessata, il Guardian ha ora dovuto pubblicare un errata corrige in cui specificare quanto sarebbe stato scritto sul cartello mai fotografato: “Inazione climatica = razzismo”. Interessante equazione, che l’insistenza dell’interessata rende vieppiù rimarchevole in quanto la corrobora con l’intima persuasione dell’intrinseca sensatezza, quando non profondità, di una sesquipedale cazzata del genere.
“Inazione climatica = razzismo” significa infatti: o che i perpetratori del danno ambientale sono gli stessi bianchi ricchi che discriminano i neri, e ciò equipara le due azioni; tuttavia, a rigor di logica, è come dire che se io sono un accanito bevitore di vermut e uno studioso dell’Illuminismo, allora studiare l’Illuminismo = bere il vermut. O che l’inazione climatica è tanto moralmente riprovevole quanto il razzismo, ergo le due azioni sono equiparabili in quanto parimenti condannabili da un giudizio etico; ad esempio, io non sopporto né chi mena le mani né chi sbraita al ristorante, ergo sbraitare al ristorante = picchiare la gente. O infine significa che gli effetti dell’inazione climatica coincidono con quelli del razzismo; se però l’effetto a lungo termine dell’inazione climatica è che moriremo tutti, allora si può star tranquilli su quest’aspetto, poiché l’estinzione sicuramente non sarà discriminatoria, essendo per definizione indiscriminata.
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