BANDIERA bianca
Come siamo passati da Enrico De Nicola ad Amadeus
Guerre, morti e grandi gesti, tutto per poi arrivare a questo momento
Credo sia iniziato tutto con Giuseppe Mazzini: l’ideale repubblicano di una rivoluzione popolare, che passasse non solo dall’unificazione nazionale ma anche dallo sviluppo del senso morale degli italiani e dal loro farsi guida ed esempio dei popoli per il progresso di tutta l’umanità. Il resto lo sappiamo a memoria. Le insurrezioni del 1848, gli esperimenti delle repubbliche romana, fiorentina, veneziana; le guerre per l’indipendenza dallo straniero; la spedizione dei Mille e l’incontro di Teano, con la rinuncia di Garibaldi a ogni ambizione personale nel nome sacro dell’unità; il boccone amaro della monarchia, la guerra per il Veneto al fianco della Prussia, la breccia di Porta Pia perché non esiste Italia senza Roma. Un sacco di morti. Poi ancora la grande guerra come coronamento ideale del Risorgimento; il biennio rosso, il ventennio nero; un’altra guerra mondiale, le città bombardate, la guerra civile, la resistenza. Di nuovo un sacco di morti. Fino a che ecco il 2 giugno, il suffragio universale, l’alba di una nuova patria, la costituzione più bella del mondo, in perfetto equilibrio fra La Pira e Benigni, con quei magnifici articoli cesellati per chiamare i grandi elettori all’alto compito di conferire l’incarico supremo. Tutto questo per consentire a uno di loro l’esercizio del gesto solenne di indicare per il Quirinale il nome ardito di Amadeus.
Bandiera bianca
La vittoria di Meloni (Simona, non Giorgia) e le parole magiche
Bandiera bianca