bandiera bianca
Cappotti e scontrini
Risolto il caso del soprabito scomparso della senatrice Cinque stelle. Rimane l'ultimo mistero
È del tutto inutile scomodare pavlovianamente Gogol’, ma la storia del cappotto della senatrice Cinque Stelle, che prima denuncia il furto e una settimana dopo riceve la telefonata dei commessi che l’hanno ritrovato caduto dietro un divano, è una parabola politica fatta e finita.
C’è la grandezza tragica dell’uomo (anzi, donna) qualunque che indossa il soprabito buono per fare il proprio ingresso nelle istituzioni ma finisce per uscirne senza. C’è il populismo istintivo dell’indignazione collettiva (i politici, si sa, sono tutti ladri, e ladri di cappotti), della denuncia che lancia sui social confusi sospetti in assenza di prove. C’è un’implicita, sostanziale sfiducia nelle capacità cognitive dei parlamentari, dietro l’espressione del dubbio che qualcuno abbia potuto prendere il cappotto scambiandolo erroneamente per il proprio, come in prima elementare. C’è l’inquietante dettaglio dei divani del Transatlantico che non vengono spostati per una settimana, e chissà quanta polvere si accumula lì dietro. C’è anche un tocco di product placement: “Era un cappotto di buona manifattura e un apprezzato brand Luisa Spagnoli”.
In attesa che “Il cappotto dell’onorevole” diventi una fiction in due puntate, resta da chiarire solo un mistero. Ho controllato il listino e il cappotto in questione costa un terzo di quanto i parlamentari grillini sono tenuti a versare ogni mese al proprio partito. Come mai la senatrice non ha mai denunciato tutti i cappotti che le sono stati rubati dal MoVimento?
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