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No, frequentare le migliori scuole non mette al riparo dalla tentazione neonazista
Commentando la notizia della condanna dei ventenni neonazisti arrestati la scorsa estate a Milano molti giornali hanno sottolineato i loro studi nei più importanti licei meneghini. Come se questo tenesse automaticamente i giovani lontani dalla propaganda Hitleriana. Non funziona così
Eppure avevano frequentato i migliori licei di Milano, scrivono i giornali commentando la notizia della condanna dei ventenni neonazisti arrestati la scorsa estate in via Moscova e sorpresi con spranghe e passamontagna nello zaino. Considerazione singolare, poiché parte dall’assunto che frequentare le migliori scuole ponga automaticamente al riparo dalla tentazione della propaganda hitleriana. E le peggiori? Non si sa, forse da lì qualche aspirante Göbbels o Himmler possiamo anche aspettarcelo, farà fede il test Invalsi. Ma l’aspetto più sorprendente della nota di colore sull’istruzione dei ragazzacci – migliori o peggiori che siano i loro licei – sta nel completo silenzio su un dato di fatto eclatante.
Da non so quanto tempo, nelle scuole italiane, invale un’istruzione di matrice etica che si impernia sul porre insistentemente gli studenti di fronte agli orrori della storia: iniziative per la Giornata della Memoria (e del Ricordo), proiezione di documentari sulla Shoah, incontri testimoniali con vittime, visite al binario 21, gite nei lager. È un metodo non solo propugnato scientemente ma anche ritenuto necessario, quasi obbligatorio, dalla legge in materia di didattica. E, come dimostra il fatterello dei giovani neonazisti della Moscova, è un metodo che evidentemente non serve a niente: nei migliori e nei peggiori licei d’Italia.
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