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Insegnanti pagati per non lavorare: e dove sarebbe la novità?
Dal primo aprile torneranno a ricevere uno stipendio anche i prof. no vax, che non possono stare a contatto con gli sudenti. Nessuna indignazione: è da tempo immemore che la scuola italiana privilegia il lavoro scarso
A partire dal primo aprile gli insegnanti no-vax potranno dunque rientrare a scuola, ricevendo regolare stipendio pur non potendo avere contatto con gli studenti. Alcuni fra i presidi protestano: così li paghiamo per non lavorare. A parziale discolpa degli insegnanti no-vax va detto però che da anni e annorum il sistema scolastico italiano privilegia la presenza a discapito dell’attività: basti pensare alle solfe che vengono piantate se qualche alunno o docente arriva in ritardo o se ne va in anticipo, mentre sulle lacune nei programmi e nella preparazione si chiude sempre un occhio, spesso due, talvolta tre.
Oppure alla retorica presenzialista contro la dad, che ha conferito valore quasi magico al fatto che docente e alunni stessero nello stesso posto, fino a degradare al concetto di non-scuola eccellenti lezioni trasmesse con strumenti non canonici e forme innovative, benché virtuali. Oppure al famigerato potenziamento, una delle massime occasioni perdute della scuola italiana postmoderna, incarnatosi sovente in insegnanti che stanno due o tre ore ogni settimana a fissare il muro della sala professori. Oppure alle supplenze occasionali, che si reggono sul tacito accordo per cui gli alunni accettano che ci sia un docente in cattedra se il docente accetta che gli alunni si comportino come se non ci fosse. Oppure al curioso caso per cui un insegnante colto e preparato percepisce lo stesso identico stipendio di uno che va in aula a leggersi il giornale. Continuo? Se dal primo aprile pagheremo qualche insegnante per non lavorare, non vedo proprio dove sia la novità.
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