bandiera bianca
Il parlamentare britannico sorpreso a guardare porno. Dov'è lo scandalo?
Quel che accade tra una persona e il suo smartphone non riguarda nessun altro. Riflessioni a proposito delle accuse rivolte a Neil Parish
“Resta, vile maschio, dove vai?”, avrei detto (con Rino Gaetano) a Neil Parish: il parlamentare britannico che vuol dimettersi poiché sgamato a guardare un porno sul telefonino a Westminster. Non deve lasciare lo scranno, per più di un motivo. Anzitutto perché un maggiorenne può guardare tutto il porno che vuole, e un comportamento malandrino non implica necessariamente un comportamento illegale. Poi perché l’accusa proveniva da due colleghe che hanno spiato cosa stesse sbirciando il collega, la loro parola contro la sua; e Parish, cedendo di schianto, ha reso onnipotente chiunque vorrà far fuori un parlamentare soffiando sul pettegolezzo. Quindi perché il pudore sarà sacro ma la privacy ancor più, e quello che accade fra una persona e il suo smartphone non riguarda nessun altro.
Inoltre perché gli accusatori più ipocriti hanno fondato il proprio sdegno non sul porno, figuriamoci, ma sul fatto che sottraesse tempo prezioso al lavoro; ragion per cui dovrebbero dimettersi allora tutti i parlamentari che a Westminster hanno usato il cellulare per chiamare casa, controllare i risultati del cricket, acquistare scarpe. Infine perché il caso del povero, ingenuo Neil Parish è stato elevato a epitome di un malcostume tale per cui ben cinquantasei parlamentari britannici sono accusati di comportamento sessuale inappropriato: senza distinguere gradazioni di gravità, senza considerare che le accuse vanno poi comprovate, senza lontanamente ipotizzare che fra questi cinquantasei possa esserci anche qualche donna. Così che tre secondi di porno sono stati sufficienti a scatenare la caccia agli streghi.