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Ontologia delle fake news. Il caso del killer di Uvalde
Gira la notizia che l'attentatore della strage nella scuola elementare americana fosse transgender. È falsa, eppure su un certo pubblico attecchisce. Come molte altre storie non vere che si portano dietro certi sottintesi
La notizia che l’attentatore di Uvalde fosse transgender non è fortemente esagerata, è proprio falsa. Se però sta circolando con un certo successo su canali social più o meno clandestini, e più o meno di estrema destra, non è solo perché viviamo in un’epoca di postverità, in cui a un’affermazione basta apparire incorniciata da uno schermo per diventare vera. È perché le fake news si basano su un sotterraneo meccanismo di conferma dei pregiudizi per mezzo di generalizzazioni implicite. Dire che il killer di Uvalde è transgender è falso: ma, foss’anche vero (per assurdo) ciò non direbbe nulla sull’evidenza che i transgender siano più propensi a compiere stragi di bambini. La fake news ha invece successo proprio perché rivolta a un pubblico che dà per scontato il sottinteso non dichiarato dalla notizia. Tutti d’accordo? Benissimo. Sappiate però che è lo stesso identico meccanismo che si ingenera quando viene data la notizia di un politico che ha rubato, sottintendendo che tutti i politici siano ladri, di un immigrato che ha stuprato, sottintendendo che tutti gli immigrati siano bestie, di un uomo che ha picchiato o ucciso la compagna, sottintendendo che tutti gli uomini siano violenti o assassini. Notizie vere, magari, ma dalle conclusioni fortemente esagerate.
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