Bandiera Bianca
La fotografia etica che non mira a piacere
Si è chiuso il Festival fotografico di Lodi: gli scatti servono a conoscere popoli, dar voce all'impegno sociale, comprendere la realtà e sensibilizzare sulla salvaguardia del pianeta. Una mostra non volutamente estetica
Purtroppo si è concluso ieri il Festival della fotografia etica di Lodi, che un mio lubrico sguardo distratto a una pubblicità aveva trasformato in promettente Festival della fotografia erotica, prima di mettermi a girare attorno al cartellone per scoprire dove fossero cadute quelle tre letterine piuttosto dirimenti che lo avrebbero reso Festival della fotografia estetica.
Né erotica né estetica, dunque, la fotografia etica mira a non stimolare il desiderio né a garantire piacere alla vista; obiettivo delle venti mostre sparse in città e dintorni era infatti “approfondire la straordinaria varietà antropologica e culturale dei popoli”, “dare voce e supporto all’impegno sociale dei fotografi”, “conoscere la realtà, comprenderla e cambiarla”, “imparare a salvaguardare il pianeta”.
E quindi giù foto di viandanti e barboni, pastori e mamme che cambiano pannolini (“Donne, una vita di sacrifici”), sguardi fissi nel vuoto e armi da fuoco, malati di Parkinson e palazzi diroccati. Tutti quegli elementi insomma che, quando qualcuno ci mostra una foto, servono a non doverci sentire in dovere di reagire col solito ipocrita “Quant’è bella” ma a poterci rifugiare in uno schietto: “Com’è buona!”. Senza che il fotografo si offenda.
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