Ansa

Bandiera bianca

Lettera allo studente investito in bici a Milano

Antonio Gurrado

La bici schiacciata, il binario deserto, i fiori e la foto rivelano una parte di noi che tavolta fingiamo non ci sia. Il tragico incidente visto con gli occhi di un insegnante 

Ciao; ora che conosco il tuo nome, il tuo cognome, anche il tuo viso grazie alla foto sorridente che i tuoi compagni di classe hanno appeso a scuola e che i quotidiani hanno ripubblicato; ora che so tutto questo, dicevo, comunque continuo a scorgere attorno a te la stessa indeterminatezza che avevo colto il giorno dell’incidente; quando, avendo riconosciuto dalle prime foto su internet l’angolo e il binario della strada che ho attraversato ogni giorno per un intero anno scolastico, mi era sorto il pensiero che potessi essere alunno del liceo in cui avevo insegnato fino a poco fa; e anche se è poi emerso che frequentavi quello vicino, non mi è venuta meno la preoccupazione che avresti potuto essere uno dei miei ex alunni, o magari uno degli attuali; e che avrei potuto esserci io a osservare dal marciapiede o a dover contenere lo sgomento della notizia che si diffonde nei corridoi; per questo, passano i giorni, guardo il cenotafio vicino all’attraversamento e penso che, di là dalla tragedia insondabile e straziante per chi ti ama, questa storia dev’essere piovuta addosso a tutti gli insegnanti come a me; una dimostrazione che non importa cosa vi diciamo e come vi trattiamo, perché vi rimproveriamo o quanto ci fate sentire soddisfatti, su quali futilità insistiamo e quante cose fondamentali rimpiangiamo di non avervi spiegato, se vogliamo controllarvi ogni minuto o se riteniamo che dobbiate diventare adulti liberi già quando siete seduti al vostro banco; indipendentemente da tutto questo, la bici schiacciata, il binario deserto, i fiori e la foto ci rivelano la stessa parte di noi che talvolta fingiamo non ci sia: quella che, se fosse servito a salvarti, si sarebbe buttata sotto il tram.

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